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I Quaresimali genovesi


Nel patrimonio vastissimo dei prodotti tipici italiani si ritagliano uno angolino goloso i Quaresimali genovesi, delicatissimi dolcetti di pasta di mandorle, legati, come si intuisce dal nome, al periodo che precede la Santa Pasqua.

Durante la Quaresima, in passato, l'osservanza dell'astinenza dalle carni era molto più sentita di oggi. Infatti non solo per tutti i quaranta giorni non si poteva mangiare la carne, ma erano proibiti anche il burro e le uova. Il concetto di penitenza e sacrificio, però, mal si sposava col desiderio di gratificazione che un dolce riesce a regalare, specialmente nelle classi più agiate.

Ecco che, quindi, le monache agostiniane della chiesa di San Tommaso in Genova (che oggi non esiste più) già nel Cinquecento, si industriarono per creare un dolcetto in perfetta sintonia con i precetti della Chiesa, tale da permetterne la consumazione anche in tempo di penitenza agli alti prelati che venivano in visita da Roma. Nacquero così i quaresimali, deliziosi biscottini preparati solo con farina, mandorle, zucchero e l'immancabile acqua di fiori d'arancio.

L'usanza di impastare le mandorle con lo zucchero deriva dalla cultura arabo-persiana e, grazie agli scambi commerciali nel Mediterraneo tra le Repubbliche Marinare e il Medio Oriente, prese piede anche nella nostra Penisola. Genova, quindi, vide sviluppare, al pari di altre città portuali italiane, la tradizione della pasticceria e confetteria a base di pasta di mandorle che era particolarmente ricercata presso le famiglie nobili.

Questa antichissima ricetta sarebbe andata perduta se la storica pasticceria genovese Romanengo, il più antico negozio di Genova aperto dal 1780, non fosse riuscita ad impossessarsene prima della distruzione del convento.

I quaresimali si preparano solo nel periodo antecedente alla Pasqua, da cui prendono il nome, in poche pasticcerie del capoluogo ligure. Le loro origini storiche e il forte legame col territorio di produzione ne hanno decretato l'inserimento nell'elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT). Essi sono prodotti in tre formati diversi:

  • a forma di losanga, arricchiti con marmellata di fichi o di limoni

  • a forma di ciambellina lucidata con gomma arabica

  • a forma di scodellina rotonda riempita di zucchero fondente bianco o colorato

Inoltre vengono arricchiti con mompariglia, confettini ai semi di finocchio, codette di zucchero colorate.

LA RICETTA

Dosi per preparare una quarantina di biscotti

Per la pasta di mandorle:

  • 600 g di TPT (tanto per tanto uguale peso di zucchero e mandorle raffinati)

  • 75 g di sciroppo leggero di zucchero (250 g di zucchero e 500 g di acqua)

  • 5 gocce di acqua di fior d'arancio

Per la decorazione

  • fondente di zucchero

  • gomma arabica

  • mompariglia

  • pasta di pistacchio

  • cacao

  • sciroppo di zucchero

Impastare il TPT con lo sciroppo e l'acqua di fior d'arancio, ottenendo la pasta di mandorle

Stendiamo sul piano ben infarinato la pasta a due spessori differenti. Per le ciambelline 12 mm, per le scodelline 6 mm.

Con un coppapasta da 4 – 6 cm di diametro ricaviamo tanti cerchietti che poi bucheremo con un beccuccio da pasticcieria. Invece per le scodelline utilizzeremo un tagliapasta dal bordo zigrinato e con il fondo di un bicchierino faremo una leggera pressione in modo da abbassare la pasta al centro e creare una incavatura.

Mettiamo tutti i dolcetti in una lastra da forno e facciamoli riposare una notte a temperatura ambiente. Il giorno dopo passiamoli in forno caldo a 200°C per soli 5 minuti.

Per la decorazione delle ciambelline, sciogliamo la gomma arabica in poco sciroppo di zucchero e pennelliamo i dolcetti, poi premiamoli nella mompariglia .

Per le scodelline, invece, pennelliamole con lo sciroppo di zucchero per lucidarle, poi sciogliamo poco fondente di zucchero con un cucchiaio di sciroppo, mettiamolo subito in un conetto di carta e coliamolo nell'incavo. Un pizzico di mompariglia concluderà la decorazione.

Il fondente può essere colorato con il cacao o con la pasta di pistacchio.

Testo e foto di Mariavittoria Sennati

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